Prima che i ricordi sbiadiscano

Il progetto nasce dall’esigenza di ripensare il significato culturale e simbolico del cibo, fonte di nutrimento e insieme oggetto ambiguo che incorpora storie private e collettive. Decifrare queste narrazioni consente di rivelare le fratture che si annidano nel contemporaneo, permettendo di mettere in discussione le logiche dominanti e le loro implicazioni quotidiane.

Tutto è nato da un ricordo: mio padre mi racconta di quando, la domenica, la polenta abbrustolita veniva strofinata sulle alici essiccate che pendevano sopra la stufa. Quelle alici, mi diceva da bambino, restavano sempre lì - appese - per le grandi occasioni. A partire da questo ricordo condiviso, mi sono chiesto quante altre storie di cura e attenzione al cibo potessero nascondersi tra familiari e amici. Ho scoperto un mondo di gesti semplici, ma pieni di significato: modi di preservare i sapori e, con essi, le emozioni. Un universo lontano dall’abbondanza e dallo spreco che dominano le logiche capitalistiche del nostro vivere contemporaneo.

Con l’aiuto dell’intelligenza artificiale, ho trasformato quelle storie in immagini, cercando di preservarne l’essenza e di tradurle in forme visive che ne restituissero il valore. Le immagini sono state stampate in più copie e accartocciate, un gesto che ricorda lo spreco e la superficialità con cui gettiamo beni di prima necessità, pur consapevoli del loro significato simbolico e materiale. Una di queste stampe, tuttavia, viene dispiegata: un gesto di cura e di riappropriazione che, come un rituale, inverte la rotta. Questo gesto ci ricorda che non è mai troppo tardi per intraprendere un percorso in direzione opposta.

“Prima che i ricordi sbiadiscano” è un omaggio alla saggezza contadina, un invito a riscoprire anche nel presente il cibo come qualcosa di prezioso, capace di unire passato, presente e futuro.

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Il museo delle lacrime